Fotografare i panorami

Fotografare i panorami

Fotografare i panorami

Una spiaggia caraibica… la sabbia bianchissima.. una palma ricurva le cui fronde sfiorano un oceano dalle mille sfumature dell’indaco…

Un lungo pontile che si protende sulle acque del lago… la superficie perfettamente liscia che riflette le nuvole gonfie di pioggia… un pescatore seduto nella sua piccola barca a remi…

Le immagini dei luoghi che vorremmo riprodurre con la macchina fotografica sono quasi infinite ma, una volta scattate, tutte questa fotografie avranno la capacità di comunicare, di trasmettere qualcosa a chi le guarderà o resteranno fascinose solo per noi, in quanto legate a piacevoli ricordi?

Tenendo bene a mente il principio che: “maggiore è il tempo che lo spettatore trascorre ad osservare un’immagine, maggiore sarà la probabilità che il suo grado d’apprezzamento sia elevato”, iniziamo la nostra chiacchierata sulla fotografia di paesaggio.

La scelta di come comporre una fotografia può essere paragonata alla scelta che si deve porre in essere quando si decide di costruire una casa.

Che forma dovrà avere la mia casa, come dovrò arredarla affinché corrisponda ai miei desideri?

In fotografia i quesiti da porsi sono similari: che forma dovrà avere, ovvero, con quale tipo d’inquadratura, orizzontale o verticale, scattare; come arredarla, ovvero, quali e quanti particolari includere nell’inquadratura, e quanti e quali escludere. Quest’ultima scelta è sempre la più complessa ma determina la differenza tra una foto ricordo, una cartolina ed una spettacolare fotografia di paesaggio..

Timinfaya

La tecnica pura, la parte nozionistica e gli “strumenti” per la fotografia di paesaggio si possono riassumere in pochi, fondamentali, passi.

  • Obiettivi, quali nel corredo d’un fotografo paesaggista?

E’, chiaramente, possibile scattare ottime fotografie di paesaggi con (quasi) qualsiasi obiettivo, ma i grandangolari così come gli ultra-grandangolari sono, di gran lunga, la miglior scelta. Queste ottiche, difatti, consentono di carpire la vastità del paesaggio, esaltare la prospettiva conferendo alle nostre fotografie un enorme senso di profondità e catapultando, immediatamente, l’osservatore nel centro esatto della scena.

Las Caletas

  • Apertura del diaframma.

Utilizzando un obiettivo grandangolare non è necessario, al fine d’ottenere una elevata profondità di campo, chiudere il diaframma a valori che possano precipitare nella “zona rossa” della diffrazione. Un valore di diaframma appropriato sarà quello compreso tra f/9 ed f/11, al massimo f/16.

Tutti gli elementi del paesaggio risulteranno, infatti, sulla nostra fotografia, di dimensioni molto ridotte, essendo, appunto, questo il risultato dato dall’uso dell’obiettivo grandangolare. Questa “miniaturizzazione” aumenta, in modo esponenziale, la sensazione del “tutto nitido” (illusione ottica della profondità di campo) consentendo, quindi, di percepire come “a fuoco” sia gli elementi che distano pochi metri dalla macchina fotografica così come quelli che distano svariati chilometri, anche se, tutti, a fuoco non lo sono di certo!!!

  • Sensibilità ISO.

La massima nitidezza, definizione e pulizia dell’immagine, assolutamente necessaria affinché la fotografia non sia destinata, inesorabilmente, a finire nel cestino, è ottenibile solamente impostando la sensibilità ISO su valori (molto) bassi; il “rumore digitale” è sempre in agguato, meglio non svegliar can che dorme……

  • I filtri.

In primis, Il filtro polarizzatore dal sorprendente effetto che “buca” le particelle d’umidità presenti nell’aria e “vede attraverso” le superfici riflettenti (quasi tutte, se utilizzato nel modo corretto…….).

A seguire, il filtro ND, il cui valore andrà scelto in base a quanti STOP vorremmo farci “rubare” dal filtro stesso.

Continuando, il filtro GND (filtro NDGradual, o, digradante) che consente d’aumentare la scarsa, rispetto a quella dell’occhio umano, latitudine di posa della macchina fotografica.

Ultimo, ma solo in ordine d’esposizione ma non certo d’importanza, il sorprendente filtro GND Reverse (o reverse grad) molto apprezzato dai fotografi amanti dei tramonti e delle albe (p.s. vale tutti i soldi che costa, credetemi!)…

La combinazione di quando sin qui esposto, ovvero diaframmi chiusi e ridotta sensibilità ISO, comporta, a seconda della luce presente sulla scena, tempi d’esposizione che vanno da frazioni di secondo a vari secondi sino ad arrivare a minuti.

Più sarà lunga la durata dell’esposizione maggiore sarà la probabilità d’ottenere immagini viziate dal micro-mosso, o, ancor peggio, da un mosso evidente. Contromisura? Utilizzare un buon treppiede, molto stabile ed altamente versatile che, con il tempo, diverrà il miglior amico del fotografo di paesaggio e che, soprattutto, consentirà di scattare fotografie in tutta tranquillità utilizzando anche tempi d’esposizione di vari di minuti.

Ed ora, fuori i secondi, s’inizia a fare sul serio.

Occorre una visione artistica per realizzare ottime fotografie, per scattare immagini in grado di catturare l’osservatore e trasmettergli emozioni, comunicargli le sensazioni che ha provato il fotografo nel momento stesso dello scatto.

Valutare attentamente il peso degli elementi, ricercare il punto d’interesse della fotografia, discernere quali siano i dettagli importanti e quali, invece, quelli da escludere dall’inquadratura ed intuire se, svanita l’emozione del momento, la fotografia che andremo a scattare avrà ancora qualcosa da raccontare, anche tra qualche mese. Queste sono le considerazioni e le riflessioni da fare prima di premere il pulsante di scatto.

Uno scatto “di pancia”, realizzato sull’onda delle emozioni del momento avendo nel naso i profumi del luogo, negli occhi i suoi colori e nella testa il phatos di quell’ambiente, di quella vacanza, sarà una fotografia con la f maiuscola? In quell’istante la fotografia potrà apparire bellissima ma, fra due o tre mesi, lo sarà ancora? Sarà, riguardata fra due o tre mesi, ancora una fotografia di cui varrà la pena farne una stampa da appendere in salotto sopra il divano?

La Geria

 

 

Le fotografie narrano storie e trasmettono emozioni ma se non lo fanno sono come un libro con tutte le pagine bianche, un libro che nessuno leggerà mai, un libro che verrà dimenticato in qualche vecchio baule in soffitta.

Il piatto forte, l’ingrediente principale di questa ricetta è, senz’ombra di dubbio, la luce!!

La luce possiede la straordinaria capacità d’esaltare alcuni particolari, nascondendone contemporaneamente altri; è in grado di far esplodere i colori così come, un attimo dopo, ingrigire tutto. La luce frontale (controluce) esalta i profili delle forme ed elimina, quasi completamente, i colori; la luce radente accentua i rilievi e le sinuosità del terreno; la luce perpendicolare appiattisce i rilievi ma satura i colori; la luce morbida azzera quasi completamente i contrasti ed abbassa la saturazione dei colori avvolgendo, la scena con una luce piacevolmente soffusa rendendo l’ambientazione fascinosamente onirica.

La luce, e la non luce, sono, quindi, gli elementi essenziali della fotografia ed in particolare della fotografia di paesaggio. Una “buona” luce può trasformare un’ambientazione poco interessante in un luogo fantastico e, viceversa, una luce “cattiva” può rovinare anche le scene più belle.

Charco de San Gines

 

I luoghi che c’hanno emozionato andrebbero, quindi, visti e rivisti più e più volte, durante le varie fasi della giornata, sotto la diversa luce della mattina, quella del pomeriggio oppure quella della sera, all’alba ed al tramonto, e perché no, in una notte dal cielo stellato, sperimentando le lunghe esposizioni.

Chiudiamo il cerchio e torniamo ai concetti dell’inizio di questa chiacchierata, tenendo ben a mente che la fotografia di paesaggio è un tipo di fotografia che necessita d’essere accuratamente ponderata e ben studiata; il fotografo di paesaggio non arriva in un luogo, apre il treppiede, monta la macchina e scatta. No, il fotografo di paesaggio si ferma un momento, “assapora il luogo”, lo fa suo, si siede s’un sasso, s’uno scoglio o s’un tronco d’albero ed inizia a vedere, non si limita solo a guardare, inizia ad esaminare la scena, inizia a comporre l’inquadratura, cambia punto di vista provandone diversi, modifica la lunghezza focale dell’obiettivo (o fa due passi indietro se possiede un “fisso”) e poi, solo dopo, scatta. Ottima la prima! Oppure sarà meglio la seconda?

Buona luce!

M.

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